Negato ai lavoratori e ai loro parenti il diritto di avere un risarcimento
«Mio marito dopo 39 anni di lavoro è stato stroncato da un tumore in cinque mesi. I medici non hanno riconosciuto subito ill fatto che la causa potesse essere l’inalazione dell’Amianto qualcuno ha diagnosticato che si è ammalato per il fumo della sigaretta».
A parlare è una delle vedove dei tanti lavoratori ex esposti amianto ai quali non è stato riconosciuto il vero motivo della morte.
Tra le testimonianze delle vedove, c’è anche quella di Antonella Pirisi, che ha vinto una battaglia legale durata nove anni dopo la morte del coniuge. «Ho fatto causa all’INAIL per il riconoscimento dell’invalidità di mio marito per motivi di servizio – ha raccontato la donna – la richiesta è stata respinta in primo grado e accolta in appello. Mi è stato riconosciuto il vitalizio come vedova e il risarcimento del Fondo vittime amianto. Vorrei che per tutte le vedove fosse così, ma senza la causa estenuante che ho dovuto affrontato io».
Mercoledì 11 novembre le associazioni Aiea (associazione italiana esposti amianto) e Medicina Democratica hanno presentato contestualmente un esposto ai tribunali di Nuoro e Cagliari per denunciare decenni di diritti negati ai lavoratori ex Enichem di Ottana ammalatisi o morti per patologie legate all’amianto
Il dibattito è nato a Ottana nel corso della conferenza stampa organizzata dalle associazioni per illustrare nel dettaglio i contenuti della denuncia.
Presenti il sindaco di Ottana Franco Saba, il presidente nazionale dell’Aiea, Mario Murgia, il presidente dell’Aiea sezione Sardegna Sabina Contu e della sezione Aiea del centro Sardegna Renzo Puggioni.
Tra i documenti allegati all’esposto anche una cartina anonima che indicherebbe i siti dove sono stati stoccati illegalmente i rifiuti dell’Amianto nella Sardegna Centrale. Un vero e proprio cimitero dei veleni che nel corso del tempo avrebbe procurato dei danni ambientali ingenti.
L’esposto con tutta la documentazione allegata è stata curata dall’avvocato Antonella Piredda.
I Poli dell’Industria Chimica di Ottana e la zona industriale di Machiareddu (Assemini) non sono stati riconosciuti come siti contaminati dall’Amianto e l’INAIL Sardegna nonostante ci sia una documentazione medica e sanitaria precisa sull’argomento raccolta dalle associazioni, non riconosce le domande di malattia professionale, negando, l’esistenza di un nesso tra chi ha lavorato nell’industria e questa tipologia di malattia.
Negli ultimi anni ci sarebbero stati 25 decessi a causa dell’Amianto.
«Chiediamo alla magistratura – ha spiegato Mario Murgia, vicepresidente nazionale dell’Aiae – un’azione decisa per individuare le responsabilità dei decessi dovuti a patologie quali mesotelioma pleurico, carcinoma polmonare, tumori della laringe e della lingua, leucemie e quant’altro riconducibile alla esposizione all’amianto e all’inquinamento ambientale. Vogliamo che anche in Sardegna, come è avvenuto per altri siti industriali italiani ed europei, si arrivi a un’indagine epidemiologica, a dei sopralluoghi e, se necessario, al sequestro dei materiali inquinanti, ma soprattutto pretendiamo che vengano riconosciuti i diritti, finora negati, ai lavoratori e alle loro famiglie».
«Purtroppo – ha aggiunto la presidente regionale dell’associazione, Sabina Contu – la nostra isola è stata tagliata fuori non solo dalla legge 257 del 1992 che vieta ai siti industriali l’uso dell’amianto, ma anche dai successivi atti ministeriali del 1998 con cui si interveniva sulla prevenzione, la cura e i diritti ai superstiti. Ecco noi vogliamo che a questi lavoratori e alle loro famiglie siano riconosciuti i loro diritti».
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